Bolzoni, una storia di famiglia
Tre generazioni al servizio del camion
Tre generazioni si sono succedute alle redini dell’attività di famiglia in casa Bolzoni. E siccome si risale a prima della seconda guerra mondiale, la necessità di allora era una sola: portare a casa il pane. Cosa che il Bolzoni Gino, classe ’26, pensò di realizzare mettendosi a fare il meccanico di mezzi pesanti. Attività faticosa (come quasi tutte all’epoca), ma che avrebbe visto un enorme sviluppo dopo il conflitto, quando tutto era da rimettere in piedi e i camion avrebbero avuto un ruolo fondamentale.
Coraggio&Volontà
Alla fame si aggiunge il coraggio (imprenditoriale) e dal ’55 il Gino si mette in proprio insieme al fratello Sergio e a un altro un socio, diventando pian piano un punto di riferimento per un parco circolante che fino a tutti gli anni Sessanta era al 95% di matrice nazionale: Fiat, soprattutto, ma anche OM e via discorrendo, i marchi che nel ’75 avrebbero poi dato vita all’Iveco.
Oggi, quindi, sono settanta le candeline che spegne l’Officina Bolzoni di Parma che, nel frattempo ha liquidato i soci e accolto altre due discendenze del buon Gino: il figlio Maurizio (1958) e il nipote Francesco (1985).
Il primo entra in azienda in concomitanza con l’assistenza ufficiale del marchio torinese, che rimane anche oggi tanto per i camion quanto per gli autobus. Più di recente, dal 2011, gli si è affiancata quella della Mercedes-Benz (solo camion). Le due entità sono separate fisicamente in due edifici indipendenti, ma affacciano sullo stesso cortile. Ed è uno spazio in gran fermento dove le cose da fare non mancano mai, nonostante i dipendenti (fra meccanici, magazzinieri e amministrativi) siano oltre cinquanta. In verità quasi tutti più anziani del giovane figlio di Maurizio che, facendoci da Cicerone ci accompagna nel suo faticoso regno e conferma la difficoltà nel trovare nuove risorse umane da avviare al mestiere.
Il futuro in officina
Ormai non è più nemmeno troppo pesante, visto che buona parte degli interventi coinvolgono la meccatronica più che la meccanica dura&pura. E fa quasi tenerezza vedere capannelli di teste grigie che si affannano su PC e tablet alla ricerca di guasti. Però questa è la tendenza dei veicoli moderni, inclusi i semirimorchi che sono un altro business dell’Officina Bolzoni, oltre agli allestimenti di particolari extra-serie su mezzi immacolati e ancora da consegnare: quando siamo andati noi, c’erano un Actros L “faccia piatta” e un 4x4 per l’Africa in lavorazione.
Il fatturato legato all’autobus vale circa un terzo del totale, benché come dicevamo sia legato solo al marchio Iveco e subisca inevitabilmente le fluttuazioni legate alle gare d’appalto dei finanziati che vengono aggiudicate dalle aziende di Tpl della Bassa padana. Vengono invece anche da posti assai più remoti i clienti del camion: se l’autocamionale della Cisa favorisce i trasportatori liguri, quelli che abbiamo visto in piazzale provenienti da Sicilia e Sardegna, se arrivano fin qui per un tagliando, è perché vanno sul sicuro. La fiducia è uno dei valori su cui si fonda tutta l’azienda dei Bolzoni che, d’altro canto riconoscono anche il grande supporto ricevuto dalle Case madri, indispensabili puntelli per un business che richiede investimenti sempre più cospicui.
Come quello racchiuso nel magazzino ricambi, altra area che contribuisce al fatturato. Tanto valore che Maurizio ha saputo far crescere nel tempo, senza perdere un grammo di entusiasmo, tant’è che di lasciare del tutto le redini al figlio Francesco ancora non ci pensa; altrimenti non sarebbe in giro per l’officina già alle 6 di ogni mattina, sabato compreso. E la domenica? Pure, perché è l’unico momento della settimana in cui si possono fare le cose con calma, ci confessa quasi compiaciuto il Bolzoni. Santa donna la signora Luigia, sua moglie, che ancora lo supporta e sopporta.