Silenzio, si parte: Daf Electric Generation
Via alla produzione in serie dei camion a batterie di Eindhoven. L’offerta parte dai medi XB per svilupparsi poi sui pesanti XD e XF, autocarri e trattori
Trascurando l’esperimento ibrido di un LF nel 2010 (periodo in cui un po’ tutti i costruttori vi si cimentarono), la Daf era partita a ‘smanettare’ sui camion elettrici sette anni fa con la connazionale Vdl che, avendo già costruito autobus a batterie, aveva il know-how e parlava la stessa lingua. Poi, pur distratti dal lancio dei nuovi XF/XG, gli olandesi hanno esplorato anche il mondo dell’idrogeno Ice (quello bruciato nei motori diesel trasformati a gas). Eppure, il programma dei camion a batterie ha continuato a correre e, così, già nel 2022 si annunciava un’intera nuova gamma Electric che spaziava dai medi, diventati nel frattempo XB, ai multiruolo XD e persino ai pesanti XF.

Zot! Una scossa alla linea
Tre anni di prove, di torture elettromeccaniche e di field test ci sono voluti affinché partisse la produzione di serie. Finalmente, adesso ci siamo: ad Eindhoven hanno pigiato l’interruttore della catena di montaggio degli Electric. Che, poi, è la stessa dei modelli a gasolio al- meno fino al momento del matrimonio con il 6 cilindri, che ovviamente per loro non c’è. A quel punto i telai deviano su una linea dedicata. Il motore che riceveranno è una macchina sincrona a magneti permanenti che la Paccar (capogruppo della Daf, come di Kenworth e Peterbilt) ha sviluppato insieme alla Zf: trattasi di un Cetrax 2. L’ingombro è quello della tra- smissione meccanica per pesanti Traxon della stessa marca e persino la posizione ci somi- glia, essendo l’unità EX-D piazzata al centro del telaio, sempre alle spalle della cabina, ben- ché un po’ più arretrata. A dispetto dell’assenza di pistoni, testata e monoblocco, il tunnel non resta vuoto: sotto ci si piazza un aggregato contenente la pompa dell’idroguida, il compressore dell’aria condizionata e dell’impianto pneumatico, le pompe dell’acqua per il raffreddamento delle batterie e del riscaldamento abitacolo. Insomma, tutto quello che di solito trascina in movimento il termico e che qui deve diventare giocoforza elettrico.
Sugli XD/XF il tutto è sovrastato dal pacco di batterie ‘spaiato’, sempre presente a prescindere da quanti se ne montano sui lati dei lon- gheroni (fino a quattro). Sugli XB, che hanno un motore diverso, di base un Dana TM4, gli stessi componenti sono in scala ridotta e le batterie trovano posto esclusivamente fra gli assali, oltre ad essere assemblate in due forme differenti. A proposito di accumulatori, le celle arrivano invariabilmente dalla cinese Catl e sfruttano la tecnologia LFP (litio-ferro-fosfato), anziché quella NMC (nichel-manganese-cobalto) abbandonata già all’inizio dello scorso anno. La ragione risiede in una maggiore durata, circa il doppio dei cicli di ricarica, oltre a una sicurezza superiore in caso d’incidente; la minore densità d’energia è compensata da un packaging più compatto, dettato dalle ridotte necessità di raffreddamento. Per i pesanti XD/XF sono compilate a pacchi di tre, ciascuno da 35 kWh: quindi 105 totali che vanno molti- plicati da tre a cinque, per capacità complesive da 315 a 525 kWh. Attenzione, questa è l’energia di targa, a cui corrisponde un valore netto (sfruttabile) pari all’88 per cento, ovvero 462 kWh nella più completa configurazione a cinque blocchi. Purtroppo, ognuno di questi pesa 850 kg, il che porta il gap di portata rispetto al diesel da -1351 a +535 kg pur contando l’abbuono di due tonnellate sul ptt concesso dal Codice della strada ai camion alternativi. Come dire: pensate bene a che lavoro dovete fare, per non comprare troppe batterie che poi vi dovete portare sempre dietro, magari per non usarle mai. Anche perché sono il componente più costoso e incidono a far lievitare il prezzo del camion dal 200 al 250 per cento rispetto all’analogo modello a gasolio. Per agevolarvi nella complicata ci sono i servizi dedicati Daf: dal Topec Sales system che simula i vostri percorsi con i carichi più frequenti, alle soluzioni di ricarica in-house: dai 22 kW in alternata ai 400 in continua; c’è poi il portale Paccar Connect, accessibile anche via app, per verificare lo stato di carica e incrociarlo con le destinazioni, così da pianificare il viaggio nel migliore dei modi.
Diario di bordo
L’approccio alla guida è in tutto e per tutto simile a quello dei Daf di ultima generazione. Quale che sia il modello elettrico, si accende, o meglio si ‘sveglia’, con la chiave nel blocchetto sul piantone, ma senza far rumore. L’interfaccia con l’autista non cambia, salvo che al posto del contagiri qui c’è il potenziometro della corrente ero- gata oppure recuperata in rilascio. L’intensità della frenata rigenerativa si può gestire con quella che sui diesel è la leva del retarder, che poi è esattamente ciò che c’è qui: un rallentatore non idraulico, bensì elettromagnetico (tipo Telma per capirci). Dalla parte del tachimetro, invece, a motore spento ci sono informazione sullo stato e sui tempi di ricarica.
Selezionata la direzione di marcia, avanti o indietro, si può partire. Sempre in silenzio. Lo spunto dell’elettrico, con la coppia massima da subito, è ineguagliabile da un diesel di pari potenza, specie stando a bordo di una motrice a tre assi da 29 tonnellate di peso totale equipaggiata con l’elettrico da 350 kW (462 Cv). Non che soffra quando se la deve vedere con le 40 tonnellate dell’articolato, intendiamoci. Tira solo un po’ meno, ma tira comunque alla grande. E senza emettere alcun rombo, al più un sibilo che però si perde subito alle spalle della cabina. Il contrappasso è che, senza la copertura del diesel, tutti gli altri rumori emergono all’interno della cabina: dai fruscii aerodinamici al rotolamento degli pneumatici, agli scricchiolii degli assemblaggi. Noie che, invero, alla Daf hanno saputo minimizzare curando la forma e la costruzione della cabina, aiutati pure dall’assenza dei retrovisori fisici. Il cambio epicicloidale a tre marce degli XD/XF, inglobato nella scatola del motore elettrico, funziona così fluidamente che neppure si avvertono i passaggi di marcia. Così come non ci si deve preoccupare della risposta all’acceleratore che varia salendo sopra i 40 km/h: sotto questa soglia la sua corsa è più lunga a parità di potenza erogata per dosare meglio la coppia ed evitare strattoni, poi il pedale diventa più sensibile. Al solito, per un veicolo elettrico qualunque esso sia, la domanda delle domande è: quanto dura tutto questo ‘giochino’? Beh, dipende dal numero di batterie installate, ovviamente. Con 525 kWh della taglia massima per i pesanti XD/XF si arriverebbero a percorrere, secondo la Casa, fino a 500 chilometri o 350 per gli XB, che hanno un motore senza cambio e non imbarcano più di 282 kWh. Si ricaricano in corrente continua DC a 150 kW o 325 in opzione; volendo c’è anche un caricabatterie di bordo che lavora in alternata AC a 22 kW accoppiato a una wallbox, ma così ci vorrebbero più di 24 ore per fare il pieno al più dotato degli XF/XD. Infatti, per i tempi di ‘rifornimento’ basta dividere la capacità delle batterie per la potenza del charger, quindi meno di due ore in teoria per 525 kWh a 325 kW; però tenetevi larghi, perché si possono allungare per tantissime ragioni. E questo non dipende dalla Daf, che il suo lavoro sui camion l’ha fatto bene, ma dall’infrastruttura.



