Master in elettricità: Renault Master L2H2 T35 87 KWH
Ecco il nuovo 35 quintali elettrico della Losanga, il van a batteria più simile a uno termico tra quelli oggi disponibili sul mercato
Qualche mese dopo la motorizzazione a gasolio ecco arrivare sul mercato e sul circuito test di Vie&Trasporti la versione elettrica a batteria del Master di Renault, l’E- Tech. Offerto sia con peso totale a terra di 35 quintali - quello della nostra prova - sia da 40 guidabile comunque sempre con patente B grazie alla deroga concessa ai veicoli elettrici, il big van della Losanga è disponibile con batteria in due taglie: long range da 87 chilowattora, per chi percorre lunghi tragitti (quella del test), e 40 destinata a un uso prevalentemente cittadino, ma ancora in corso di omologazione.
La scelta dei tecnici francesi è stata quella di proporre un nuovo unico veicolo motorizzabile indistintamente in termico o in elettrico, così da programmare al meglio la produzione in base alle reali richieste del mercato: si fa tutto sull’unica linea di Batilly, montando - a seconda della domanda contingente - un motore diesel con relativo serbatoio o una power unit elettrica accoppiata a una batteria. Così non c’è pericolo che la produzione nello stabilimento si fermi mai a causa della flessione nella domanda di un tipo di motorizzazione: in un modo o nell’altro di furgoni per trasportare le merci c’è, comunque, sempre bisogno. Il risultato finale è, però, un compromesso e non un veicolo born electric. Tanto che resta lo sportello carburante/urea nei pressi della porta conducente (opportunamente bloccato in que- sto caso), ma fa anche capolino una presa Ccs Combo 2 - per ricariche fino a 22 chilowatt in alternata e 130 in continua - ritagliata nel para- fango anteriore destro, una parte facilmente sostituibile con una omologa priva di foro qua- lora si debba allestire un diesel.
Alla guida
Fa specie che nel 2025 un furgone elettrico non abbia né il keyless per porte più avviamento, né il freno a mano elettrico: qui restano, infatti, sia la chiave metallica, sia il freno meccanico tra sedile di guida e panchetta, proprio come sulla versione a gasolio. Una soluzione che in una flotta mista - termico/elettrico - dello stesso modello sarà sicuramente apprezzata dagli autisti. Sì perché in cabina le due versioni sono assolutamente uguali, eccezion fatta per due elementi: l’assenza della cloche del cambio nel plinto in plancia e la presenza di un cruscotto digitale a colori da 7 pollici. Le cui schermate possono essere sfogliate sfruttando i pulsanti sulla razza destra del volante, visualizzando così il navigatore, l’Eco monitor, il Tpms, il trip computer, lo stato batteria/autonomia (comun- que sempre presente al piede di ogni schermata), l’Acc e molto altro ancora. Due i drive mode, normale ed Eco, col secondo che limita la velocità massima a 90 orari.
Mentre agendo sulla levetta del cambio e portandola su ‘B’ si attiva il massimo recupero in fase di rilascio, consentendo la guida ‘one pedal’. Attenzione a fidarsi troppo del navigatore di bordo, presente nel sistema d’infotainment con schermo tattile da 10 pollici, parecchi i bachi informatici. Così come da sempre succede con le Tesla, quando imposti il percorso il navigatore t’informerà sulle soste per ricarica ne- cessarie a raggiungere la meta. Ebbene, valutate sempre con la vostra testa, perché si tratta talvolta di soste inutili, in stazioni di ricarica fuori dalle autostrade che magari state percorrendo e che portano ad allungare notevolmente il viaggio, sia in termini chilometrici sia di tempo. Il consiglio? Per togliervi ogni stress di ricarica, attivate - a pagamento - ‘Mobilize charge pass’, un’App e una carta fisica per usufruire di tariffe vantaggiose sulla più grande rete di ricarica d’Europa: oltre un milione di colonnine in venticinque nazioni, incluse le Ionity ad altissima potenza. Noi l’abbiamo provato su un’infinità di caricatori di altrettanti operatori e non ci ha mai tradito. Infine, un’occhiata ai consumi. Con 3,32 chilometri/chilowattora, Master si piazza poco dietro al leader della nostra hit, che a oggi resta il cinese Maxus eDeliver 9 della Saic Motor.
In cabina
Illuminato da un trio di spot monoled a luce diurna, l’abitacolo sfoggia una plancia curvilinea a ‘S’, voluta per aumentare lo spazio nell’abitacolo, ricca di vani portaoggetti (135 litri in totale) e dotata ancora di molti tasti fisici, un plus per chi lavora e indossa spesso dei guanti protettivi. Ottimi i materiali, così come gli assemblaggi delle plastiche, se si esclude la paratia retrocabina ‘scricchiolosa’, evidentemente non mon- tata a regola d’arte sul veicolo in mano nostra (l’omologo diesel non aveva avuto di questi problemi). Resta il gigantesco cassetto estraibile fronte biposto, buono per un laptop, che eventualmente ci sta anche nella zona retroschienale centrale abbattibile, dove si pensa perfino a un sistema d’ancoraggio e a dei passacavi. Se ciò non bastasse, c’è un’imperiale bipartita da uno slot monodin centrale, con ognuna delle due sezioni larga 490 millimetri, profonda 270 e alta da 110 a 145. Infine, altro spazio si ricava sotto la panchetta, grazie a un gavone lungo 600 millimetri, alto 300 e largo da 680 a 760.
Linea esterna
Fuori è tutto come sul diesel. Giunto alla quarta generazione, quella dell’aerodinamica spinta, frutto d’accurati studi e test nella galleria del vento, tanto da meritarsi il nickname di ‘aerovan’,
Vano di carico
Di forma regolare e illuminato da due potenti plafoniere a sei led, offre un totale di otto anelli d’ancoraggio e due utili maniglioni per facilitare la salita dell’operatore nel vano merci.
La meccanica
Le versioni elettriche del Master 4 sono spinte da un motore da 96 o 105 chilowatt (il nostro), in entrambi i casi con 300 newtonmetro di coppia. La prima è alimentata da una batteria da 40 chilowattora e ha un'autonomia Wltp di 180 chilometri, la seconda con un accumulatore da 87 chilowattora e allora la strada percorribile si al- lunga, ma - a pieno carico - non fino agli oltre 400 chilometri promessi da Renault. Master utilizza un nuovo motore senza magneti permanenti realizzato direttamente dalla Régie. Le batterie al nichel-manganese-cobalto, assemblate nell’impianto transalpino di Douai da Ampere (gruppo Renault), sfruttano celle dell’Aesc (Automotive Energy Supply Corporation), azienda giapponese nata parecchi anni fa da una joint-venture tra le connazionali Nec e Nissan.


