Decarbonizzazione, Artusi 1 e 2Il vicepresidente di Federauto-Trucks suggerisce un approccio equilibrato e che guardi agli interessi di tutta la categoria. E si incontra con gli altri grandi attori






Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

(descrizione)«Il dibattito che si è acceso nelle ultime settimane, sia a livello nazionale che europeo, riguardo l’elettrificazione dei veicoli commerciali leggeri e pesanti, come soluzione mono-tecnologica per sostenere i programmi europei per la decarbonizzazione dei trasporti, merita alcuni chiarimenti per evitare che la discussione sia basata solo su opinioni, orientamenti e «interessi privati» che nulla hanno a che vedere con la sostenibilità ambientale e il bene della collettività. Sono questi, infatti, e non l’affermazione di una tecnologia, gli obiettivi da raggiungere». Lo ha dichiarato il vicepresidente di Federauto con delega Trucks&Van, Massimo Artusi, intervenendo nel dibattito in corso sulle prospettive dei veicoli commerciali elettrici (BEV) indicati da molti come una panacea per la transizione ecologica del trasporto merci e della logistica. 

Federauto Trucks ha elaborato e divulgato a livello istituzionale un documento di proposte per il settore della logistica italiana, con l’indicazione di soluzioni pragmatiche e coerenti che includono, per citarne alcune, le misure necessarie al rinnovo del parco, alla diffusione dell’energia rinnovabile e le azioni per rendere più competitivo il settore. 

 

Autotrasporto, impatto modesto

Il documento parte da alcune premesse. La prima è che l’autotrasporto, inteso come trasporto professionale di merci in conto terzi, impatta tra il 3% e il 4% sulle emissioni complessive di CO2 generate dal Paese e a tali emissioni corrispondono una pluralità di missioni, tanto che si parla di settore «difficile da abbattere». 

La seconda premessa è che quando si parla di energia elettrica per l’autotrazione, è essenziale partire dal fatto che, se si vogliono raggiungere le emissioni zero di CO2, l’energia elettrica impiegata deve essere prodotta alla fonte a emissioni zero. Non ha alcun effetto benefico produrre energia elettrica per i veicoli usando combustibili fossili, poiché così facendo non si eliminano le emissioni di climalteranti e inquinanti, ma se ne trasferisce altrove la produzione. 

(descrizione)La terza premessa consiste nella necessità di valutare l’impatto ambientale dell’autotrazione (di quella elettrica come di tutte le altre, per garantire la massima neutralità), considerando l’intero ciclo di vita del prodotto attraverso l’uso del LCA (Life Cycle Assessment). Le conseguenze negative per l’ambiente non derivano solo dall’uso del prodotto e dai combustibili fossili, ma anche dalla realizzazione del prodotto e degli equipaggiamenti e/o accessori, dal loro smaltimento (ad esempio le batterie, l’estrazione dei materiali occorrenti e l’impatto per lo smaltimento sono invasivi per l’ambiente e costosi in termini energetici), così come dalla vita utile che possiamo dare a ciò che utilizziamo. 

Come ultima premessa è necessario concentrare l’attenzione sui climalteranti (in pratica solo le emissioni di CO2) ma senza dimenticare le emissioni inquinanti, come il particolato, gli ossidi di azoto, il biossido di zolfo, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici, dannosi non solo per l’ambiente ma anche per le persone. 

 

Precedentemente Federauto aveva controfirmato insieme a Anfia, Anita, Unatras e Unrae un documento che affronta più in generale il tema chiedendo insieme un piano strategico da 250 milioni:

Le rappresentanze dell’autotrasporto e della filiera industriale e commerciale automotive - ANFIA, ANITA, FEDERAUTO, UNATRAS e UNRAE - ritengono urgente l’adozione di un piano strategico per affrontare la decarbonizzazione del trasporto merci su gomma che sia ambizioso, realistico ed economicamente sostenibile dal sistema Paese. 

In questi termini le Associazioni si sono rivolte al Governo, sottolineando l’impegno delle imprese di autotrasporto e della filiera automotive a voler rendere sempre più competitivo e sostenibile il trasporto stradale delle merci, fornendo una puntuale fotografia del settore, che conta un parco circolante tra i più vecchi d’Europa, con un’età media dei veicoli industriali pari ad oltre 14 anni d’età, dato che desta grave preoccupazione in termini di impatto ambientale, efficienza e sicurezza della circolazione. 

Anfia, Anita, Federauto, Unatras e Unrae hanno dunque identificato il fabbisogno relativo agli investimenti per il rinnovo del parco veicolare in ottica sostenibile nella cifra di 250 milioni di euro annui per il periodo 2023-2026, sostenendo come tali risorse, se accompagnate da un ripensamento complessivo degli strumenti attualmente in vigore, possano rappresentare uno stimolo alla competitività e alla sostenibilità d’esercizio delle imprese nazionali, in vista degli ambiziosi obiettivi climatici fissati dall’Europa per i prossimi anni. 

Le Associazioni hanno predisposto un documento interassociativo con il dettaglio delle proposte, che sono pronte a presentare ed esporre al Governo.