“Basta con la retorica del ‘no’: il Governo ha ottenuto il consenso degli italiani per rilanciare le imprese e l’economia del Paese”. Così Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto-Confcommercio, ulteriormente sollecitato dalle dichiarazioni rese oggi da Legambiente, è intervenuto sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. “L’Italia deve recuperare il ruolo piattaforma europea del Mediterraneo - prosegue Uggè - Il Ponte sullo Stretto è lo strumento per il raggiungimento di questo obiettivo. Le inutili prese di posizione di ambientalisti di mestiere, cultori della politica del ‘no’ a prescindere non possono essere utilizzate a difesa di un ambiente che invece trarrebbe grandi benefici dalla realizzazione dell’infrastruttura. Unire il nord dell’Europa (Finlandia) con il Sud dell’Europa (Sicilia) è una scelta politica avveduta più volte ribadita a livello comunitario. Realizzarla significa incrementare la competitività e la produttività delle imprese siciliane, del popolo siciliano e dell’Italia”, conclude il presidente di Conftrasporto, e non possiamo che essere d’accordo con lui anche per il valore fortemente legante del ponte come concetto, come astrazione di contatto. Senza contare ovviamente le ricadute positive sull’occupazione prima e sulla velocità commerciale poi.
Uggé e i vertici di Confcommercio sono intervenuti ovviamente anche alla presentazione dell’analisi annuale dei dati raccolti da Confcommercio, alla presenza del vicepresidente Palenzona. Dati ovviamente condizionati dall’attività post pandemica e dalla peculiare crisi energetica.
Pandemia, guerra e crisi energetica ridisegnano le supplychain, con oscillazioni senza precedenti, è quanto infatti emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio e dallo studio realizzato da Ispi.
Catene logistiche sotto stress
I dati confermano l’apertura di nuovi scenari. Si tracciano nuove rotte, si accorciano le filiere, mentre le catene logistiche sono ancora sotto pressione. Alle conseguenze della pandemia si aggiungono quelle della crisi energetica e delle politiche monetarie restrittive. Oltre all’inflazione e all’aumento dei costi di alcune materie prime, quali i carburanti fossili, c’è la rivalutazione del dollaro statunitense (l’Euro ha perso quasi il 15% del proprio valore tra gennaio e settembre 2022). Sulle catene logistiche grava anche l’effetto combinato della guerra in Ucraina e dei nuovi lockdown in Cina, con nuovi blocchi nei porti e ritardi nella consegna di merci.
Inflazione e aumento dei costi rischiano di contro di ripercuotersi anche sui progetti infrastrutturali del nostro Paese, contenuti nel Pnrr. La nota di aggiornamento del Def ha stimato che entro quest’anno saranno spesi solo circa 20 miliardi delle risorse del Pnrr, contro una previsione iniziale di 33,7 miliardi. Tra i motivi c’è l’impennata dei costi delle opere pubbliche. È evidente che, per rispettare il cronoprogramma del Piano, la spesa delle risorse nei prossimi anni dovrà essere ulteriormente accelerata, per recuperare i circa 14 miliardi di euro di mancata spesa accumulati a fine anno.
Ambiente e guerra ‘rimodellano’ le grandi infrastrutture europee
Oltre all’impennata del costo dell’energia e dei materiali, la guerra in Ucraina ha prodotto anche cambi di direzione nelle grandi infrastrutture europee, spingendo la Commissione Ue a modificare la sua proposta di regolamento per le reti transeuropee del trasporto (le cosiddette reti Ten-T) per estendere quattro corridoi di trasporto europei al territorio dell'Ucraina e della Moldova, escludendo invece dalle mappe del progetto Russia e Bielorussia. Già nel 2021 prima del conflitto, e per ragioni diverse (transizione green e digital), l’Ue aveva deciso di rivedere il regolamento delle reti Ten-T per consentire all’infrastruttura, rimodellata, di accogliere il passaggio di modalità di trasporto sostenibili in vista del traguardo del 2050 (-90% di emissioni di gas serra nei trasporti).
“Per la transizione ecologica, è necessario attivare tutti gli strumenti disponibili, tecnologici ed organizzativi, nel rispetto del principio di neutralità - afferma il presidente di Conftrasporto Paolo Uggè - È tuttavia necessario prevedere tempistiche congrue e strumenti idonei per accompagnare le imprese verso il cambiamento senza esserne stravolte. Ricordo inoltre che i tanto vituperati veicoli pesanti dell'autotrasporto merci in Italia dai primi anni novanta hanno ridotto le emissioni di gas climalteranti del 30%, giungendo a incidere per meno del 5% nelle emissioni totali”.
Il Covid fa crescere la domanda di servizi logistici
La pandemia ha invece fatto volare l’e-commerce. Nel primo lockdown (2020), i valori di beni e servizi acquistati on line sono aumentati del 26% rispetto al 2019 (fonte: Politecnico di Milano). A livello globale, la quota dell’e-commerce nelle vendite al dettaglio è cresciuta dal 15% del 2019 al 21% del 2021, mostrando la tendenza a aumentare ulteriormente nell’anno in corso. La conseguenza è la crescita massiccia della domanda di servizi logistici (la logistica in conto terzi, pari, a livello globale, a oltre 950 miliardi di dollari nel 2021, si prevede che aumenterà a un tasso annuale composto dell’8,6% dal 2022 al 2030, fino a raggiungere circa 2 mila miliardi di dollari).
La centralità del Mediterraneo e l’effetto guerra sul costo dei container
Nel settore marittimo, si conferma la leadership asiatica nella movimentazione dei container, ma la contrazione delle filiere sta ridando un ruolo centrale al bacino del Mediterraneo valorizzando il corto raggio e i traffici ro-ro (trasporto camion merci via mare). Le previsioni di crescita media annua 2021-2026 della movimentazione di container per area sono le seguenti: Mondo (+3,1%), Asia del Sud (+5,9%), Mediterraneo orientale e Mar Nero (+4,1%), Nord Africa (+3,6%).
Per l’Italia si prevedono buoni sviluppi medi annui nella movimentazione dei container, con i porti Gioia Tauro e Genova, nel primo trimestre 2022, nella Top Ten dei porti del Mediterraneo per indice di connettività, rispettivamente al 7° e al 10° posto.
Globalizzazione e ‘reshoring’: filiere più corte e ‘digitali’
Nello scenario tracciato dagli eventi, forse il fenomeno più inaspettato è quello del reshoring, ovvero il rimpatrio di alcune attività dai Paesi stranieri verso la madrepatria per accorciare le filiere e ottimizzare i costi. Un trend timidamente iniziato prima del Covid (in Europa tra il 2015 e il 2018 sono stati 253 i progetti di reshoring, con Italia e Francia in testa), che ha subìto un’accelerazione durante la pandemia e che però ora, con la crisi economica e il calo dei noli marittimi, si sta assestando. I fenomeni di filiere più brevi non mettono comunque in discussione la globalizzazione: lo provano le previsioni di crescita dell’interscambio globale per i prossimi anni e di diminuzione del peso della manifattura nei Paesi più sviluppati. In Europa, fino al 30% del valore aggiunto complessivo continentale dipende dal funzionamento delle catene di approvvigionamento transfrontaliere. Lo conferma l’andamento dell’interscambio internazionale dell’Italia: nei primi 7 mesi del 2022, sullo stesso periodo del 2021, l’export dei principali prodotti industriali, al netto dell’energia, ha registrato un +19,2%; l’import un +28,4%.
Intanto nella supply chain ‘vola’ il digitale: entro il 2023 l’intelligenza artificiale sarà integrata nel 50% delle soluzioni tecnologiche delle catene di approvvigionamento. Secondo uno studio del World Economic Forum, la digitalizzazione ha il potenziale di stravolgere la logistica, potendo liberare dal 2016 al 2025 circa 4 trilioni di dollari cumulativi di valore per l’industria e la società in generale. Nel trasporto marittimo si sta diffondendo l’automazione dei terminal portuali (sono circa 50 i terminal container automatizzati nel mondo) e grandi sviluppi si registrano nei Port Community Systems, interfacce telematiche doganali uniche, e nel sistema di identificazione automatico, che consente a tutti di conoscere posizione, rotta, velocità e carico di una nave.
Futuro prossimo: nel 2023 in Italia frenano i trasporti
Come evidenziato dall’Ufficio Studi Confcommercio, il settore dei trasporti e della logistica ha dimostrato il suo ruolo centrale nell’economia del Paese, ha permesso all’Italia di funzionare anche nei momenti peggiori. La ripresa del traffico merci in questo settore è avvenuta già dalla fine del 2020 e, rimossi i vincoli, anche quello dei passeggeri è tornato ai livelli pre-crisi.
Per il 2023 l’Ufficio Studi Confcommercio considera due scenari: uno di base e l’altro peggiore, di recessione più forte.
Lo scenario base presenta una moderata riduzione del volume di merci e un calo ‘fisiologico’ per il traffico passeggeri. Nello scenario peggiore, invece, la situazione si fa piuttosto critica, con un ritorno alle difficoltà nel traffico passeggeri e, pur in misura ridotta, anche sulle merci. Il che provocherebbe un forte stress sui conti delle imprese di trasporto, che rientrerebbero di forza tra i settori più a rischio, strette tra fatturati in riduzione e costi, specialmente energetici, in crescita.
Di qui la richiesta da parte di Conftrasporto di nuovi stanziamenti da affiancare all’immediato utilizzo degli ulteriori 85 milioni previsti nel 2022 in favore dell’autotrasporto merci e al reimpiego dei residui delle risorse stanziate contro il caro GNL (gas naturale liquefatto) in misure di effettivo supporto e tiraggio per il settore.
Federlogistica chiede un piano
“È importante mettere in campo un piano nazionale per la formazione degli operatori di logistica e autotrasporto che tenga conto delle emergenze della nostra filiera. Il nostro settore ha bisogno di nuove competenze a partire dalla digitalizzazione". La proposta arriva da Davide Falteri, vicepresidente di Federlogistica e presidente della federazione ligure, rivolta al nuovo Governo e al Ministero dei Trasporti.
"Per chi deve essere inserito nel mondo del lavoro nel settore della logistica la formazione al digitale è prioritaria - spiega Falteri - 5G, IOT, formazione su cybersecurity e utilizzo della blockchain per la dematerializzazione documentale sono priorità per gli operatori della logistica, che hanno bisogno di contributi specifici e programmazione mirata per favorire la specializzazione di una filiera sempre più al passo con le esigenze del mercato. Si tratta di un aspetto importante anche per gli operatori della logistica già occupati nell'organico delle aziende per acquisire le competenze necessarie e essere pronti e adeguatamente istruiti al cambiamento digitale. Per l'autotrasporto - conclude Falteri - è fondamentale ripensare a un disegno strategico per attirare giovani conducenti e metterli nelle condizioni di saper manovrare mezzi equipaggiati con un’elettronica di bordo sofisticata. L’età media dei lavoratori di questo settore è di 55 anni: vanno incentivati i giovani che scelgono questo mestiere, investendo sulla formazione anche per il personale che proviene da Paesi terzi”.